
So molto bene che trasferirsi all’estero per lavoro è una scelta coraggiosa e stimolante, ma anche faticosa: nuove opportunità, orizzonti più ampi, incontri che arricchiscono. Le ho vissute anche io queste cose, e ho più volte sperimentato tutti gli “alti e bassi” dell’adattamento. Spesso, dopo l’entusiasmo iniziale, molti expat si trovano a fare i conti con una realtà meno raccontata: la fatica dell’adattamento culturale.
Perché l’adattamento è una sfida (anche quando parli bene la lingua)
Spesso si pensa che conoscere la lingua o avere competenze internazionali basti.
In realtà, il vero ostacolo è più sottile:
- i diversi modi di comunicare, spesso riconducibili alla nuova cultura (ad esempio più diretti, più diplomatici, più o meno “formali”..);
- le regole implicite del lavoro, magari molto diverse dal Paese di provenienza;
- i ritmi, le regole sociali, le abitudini della gente che ti circonda;
- o anche il diverso senso dell’umorismo, che aiuta a dare sollievo e leggerezza.
All’inizio queste differenze possono sembrare dettagli curiosi; col tempo, però, possono generare frustrazione, senso di esclusione o stanchezza emotiva.
Per quanto ad esempio, nei Paesi anglossassoni si proclamino insofferenti verso il loro stesso clima, è interessante vedere come, non solo loro lo reggano bene, ma l’idea di un intero anno di solo sole potrebbe affaticarli più di quanto non vogliano ammettere! 🙂
Molti expat attraversano un percorso simile a questo:
- Luna di miele – tutto è nuovo e affascinante.
- Shock – emergono le prime difficoltà quotidiane, dalla burocrazia ai rapporti di lavoro.
- Adattamento – si iniziano a comprendere le regole implicite e a creare abitudini proprie.
- Integrazione – ci si sente finalmente “a casa”, pur mantenendo la propria identità.
Riconoscere queste fasi aiuta a normalizzare le emozioni e a non confondere momentanei momenti di frustrazione con un fallimento personale.
Come il coaching può sostenere questo passaggio.
Un percorso di coaching per expat offre uno spazio sicuro per esplorare:
- le proprie reazioni e le emozioni legate al cambiamento;
- i comportamenti che facilitano la comunicazione interculturale;
- le risorse personali e piccoli strumenti ad-hoc per gestire stress e senso di solitudine.
Il coaching non fornisce “manuali di sopravvivenza”, ma strumenti per accrescere la consapevolezza: quando riconosci i tuoi schemi e le tue risorse, puoi scegliere come rispondere alle differenze culturali invece di subirle.
Per me è stato essenziale, ad esempio, riconoscere le piccole cose che apprezzavo del posto in cui mi ero stabilita, per cercare di viverle al meglio e ripeterle quanto più possibile, come in una sorta di routine. In Irlanda amavo molto camminare nelle foreste e ammirare I giardini dei parchi. In Francia adoravo fare gite nei piccoli borghi pittoreschi e fare colazione con un croissant o cenare con vino e formaggi del luogo..
Consigli pratici per expat in fase di adattamento
- Crea piccole routine personali: un caffè al solito bar, una passeggiata quotidiana. Le abitudini offrono ancoraggio;
- Cerca comunità locali e internazionali: non solo connazionali, ma anche gruppi misti per ampliare la rete, connettersi e allargare il proprio network;
- Pratica l’ascolto attivo e cerca di essere aperto verso gli altri: osserva, chiedi, impara. La comprensione è la base per un buon adattamento;
- Accetta i momenti di frustrazione, ma cerca di esserne consapevole: fanno parte del processo, non sono un segnale di debolezza.
In sintesi
L’adattamento culturale non è un ostacolo da superare una volta per tutte, ma un percorso di continua scoperta. Con il giusto supporto e uno sguardo curioso, può diventare una delle esperienze più trasformative della vita all’estero.
✨ Se stai vivendo una fase di adattamento in un nuovo Paese e vuoi ritrovare equilibrio e fiducia, un percorso di coaching mirato per expat può offrirti strumenti concreti per sentirti a casa, ovunque tu sia.
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Simona Sassu – The Psi-Coach

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